Adulti, ma sul serio

ABAT JOUR

La mia senile presunzione, che insiste sul solco antico della mia presunzione giovanile (perché – diciamocelo! suvvia! – presuntuosetto io lo sono sempre stato!), in anni recenti mi ha indotto a snobbare il testo che annualmente l’Azione cattolica nazionale mette a punto in vista della formazione dei suoi soci adulti. Quando, come assistente ecclesiastico d’un gruppo adulti di Ac, toccava a me alimentare la fragile fede dei miei (ottima occasione per garantire le grucce alla mia, fragilissima!), ho sempre fatto ricorso al catechismo degli adulti, La verità vi farà liberi. Anche stavolta, quando una settimana fa il mio Presidente m’ha procurato la copia destinata a sussidio per l’anno 2010-2011, con bella nonchalance ho portato volentieri con me il libro ma, una volta a casa, l’ho lasciato annegare insieme con tutti gli altri suoi fratelli, illusi e intonsi, nel disordine totale del mio studiolo. Poi un’onda anomala me l’ha riportato sotto il naso. Che brutta, la grafica della copertina! Roba da dépliant d’un supermercato d’infima categoria. Poi però… il titolo… Il titolo. Uno lo legge, anche di traverso: Compromessi con la storia. Come? COMPROMESSI CON LA STORIA!! Vuoi vedere che…? Sì, ho visto che. Ho visto che il motto del progetto formativo, Perché sia formato Cristo in voi, invece di svaporare verso l’alto, oltre le nuvole, in direzione di una ionosfera trascendente talmente rarefatta da risultare irrespirabile, imboccava la strada giusta, quella che il Concilio ha additato alla spiritualità cristiana: la strada della storia. Non della storia sacra, ma della storia tout court. Che è sacra perché è storia (e il viceversa non regge: non è storia perché è sacra). Se la spiritualità dei discepoli del Figlio di Dio fatto uomo deve essere incarnata, essa non può non fare riferimento essenziale alla danza aritmica che dalla notte dei tempi noi ominidi balliamo sulla crosta del globo terracqueo: l’hanno soprannominata “storia”. Ok. Il testo promette che quest’anno parleremo di interiorità e cura della nostra spiritualità, parleremo di fraternità a sostegno della nostra capacità di dialogo, parleremo di responsabilità ad esercizio della nostra laicità, parleremo di ecclesialità in vista della consuetudine alla sinodalità. Bene. Ci sto. Cominciamo presto. Abbiamo nuotato troppo a lungo nella melassa dello spiritualismo dolciastro. “Nuotato”? Forse abbiamo solo fatto il morto.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci