Analogamente

ABAT JOUR

Quello che don Milani ha fatto nei confronti della scuola (ne ha ridefinito lo scopo, da “servizio destinato a fornire i quadri dirigenti del paese” a “realtà che garantisce il presupposto concreto della libertà di tutti e di ciascuno”) l’ha fatto l’articolo 3 della Costituzione nei confronti dello Stato: ha ridefinito lo Stato, da complesso di leggi e di istituzioni che garantiscono tutti i cittadini allo stesso modo, a complesso di leggi e di istituzioni che, per mantenere effettiva l’uguaglianza fra tutti i cittadini, garantiscono preferenzialmente le persone più deboli.Costituzione della Repubblica Italiana, articolo 3, comma 1: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Comma 2: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Finisce così nel cestino, anche se solo sul piano dei princìpi, l’imparzialità, l’ostacolo più grosso all’effettiva uguaglianza di tutti. È essa, l’imparzialità, il custode più puntuale dell’ingiustizia. Ancora don Milani: “Fare parti uguali fra gente che vive situazioni disuguali non solo non realizza la giustizia, ma rende radicale l’ingiustizia e ci mette su anche la canzonatura, perché dà l’impressione di aver fatto giustizia”. Lo Stato esiste per difendere i deboli. E questo per il semplice fatto che i forti si difendono da soli, e ne farebbero volentieri a meno, dello Stato. Lo hanno detto i liberali degli inizi, come Adam Smith: “Non esiste nessuna specifica motivazione per uno specifico impegno a favore dei deboli, perché il loro benessere sarà la naturale ricaduta dell’ulteriore arricchimento dei ricchi”. Lo hanno ripetuto i liberali dei nostri giorni, anche i più rozzi, come Ronald Reagan, che si era preparato al ruolo di presidente degli Stati Uniti (di un certo tipo di Stati Uniti) con una stanca carriera di attore di quarta fila. Diceva Reagan: “Lo Stato non risolve i problemi, è esso il vero problema”. Disse, e spesso la parte centrale delle riunioni importanti se la dormì per intero.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci