L’arte nel cuore delle favelas restituisce il dono dello stupore

Si chiama “arteterapia” e non funziona solo per accompagnare e sostenere le situazioni di disagio personale e le fragilità che ci attraversano tutti, ha anche una funzione sociale efficace. In Brasile ad esempio la stanno mettendo in pratica alcuni artisti che allestiscono mostre d’arte nelle favelas. Un successo che qualche tempo fa ha meritato la prima pagina dell’Osservatore romano.

Sono mostre in spazi espositivi ospitati nel cuore delle favelas di Rio de Janeiro. Gli artisti si chiamano Maxwell Alexandre, Allan Weber, Malvo: in comune hanno l’idea che l’arte non sia «qualcosa di esclusivo». Rocinha, che è una favela con 180.000 abitanti, ospita lo spazio “Pavilhao 2” di Max Alexandre che è nato proprio qui dove i narcos impongono la loro legge spietata e le gang si confrontano nella violenza.

E non è che un esempio di queste presenze d’arte inattese che introducono un elemento di novità e di bellezza che ha il potere discreto di trasformare la vita della gente. Nessuna grande rivoluzione, ma almeno un segnale nella giusta direzione che allena gli sguardi alla meraviglia e restituisce soprattutto ai giovani il dono dello stupore.

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