Assisi, presentato il restauro che svela il vero volto di san Francesco

A cinquant’anni dall’ultimo intervento, il 16 febbraio ad Assisi sono stati presentati i lavori di restauro dell’affresco della Madonna in trono con il Bambino, angeli e san Francesco di Cimabue, noto anche come “Maestà di Assisi”.

Il vero volto di san Francesco e la Madonna
con Gesù bambino sul trono

Un appuntamento atteso, che ha “svelato” il vero volto di san Francesco, databile tra il 1285 e il 1290. Situato nel transetto destro nella basilica inferiore, mostra la Madonna con Gesù bambino su un trono tra quattro angeli e con la rappresentazione di san Francesco in piedi a destra. L’affresco infatti è celebre non solo per la raffigurazione della Vergine in trono, ma anche per quello che si ritiene uno dei ritratti più antichi e affidabili del Santo, realizzato secondo la tradizione, sulla base delle indicazioni di chi lo aveva conosciuto personalmente.  Il Santo, raffigurato a un lato, scalzo con il saio, la barba corta e la chierica, fissa il fedele con uno sguardo compassionevole e con evidenti segni delle stimmate su mani e piedi. Ha un’evidente ferita al petto dove tiene un libro in un abbraccio.

Affresco restaurato più volte

Si sa che l’affresco è stato più volte restaurato nei secoli, anche dalla bottega di Giotto: si afferma infatti che il trono fosse in parte ricoperto di oro, e via via l’opera fu abbellita, e ritoccando lo stesso Santo per rendere le orecchie più ‘nobili’, non a sventola. Su un trono in legno elegantemente intagliato e posto di traverso e non al centro, siede Maria; tiene il Bambino sulle ginocchia con disinvoltura in una posizione asimmetrica, poggiando il piede destro su un gradino basso e quello sinistro più in alto, facilitando la tenuta del figlio.

Molto naturale e significativo, accentuando il rapporto stretto e l’amore tra Gesù e Maria, il gesto del bambino che tende una mano e afferra con naturalezza un lembo della veste della madre, mentre Maria, dalle dita lunghe e affusolate, gli accarezza un piedino. Intorno a loro sono disposti gli angeli sorridenti che si rivolgono allo spettatore inclinando le teste e dando movimento all’opera. I due in alto piegano la testa verso l’interno, quindi verso la Madonna e il Bambino, mentre i due in basso verso l’esterno. Sono elegantemente appoggiati con le mani al trono; i primi due hanno i piedi poggiati a terra, mentre i due dietro di loro sembrano fluttuare.

L’opera sembra rappresentare due gruppi in contrasto tra loro. Nel primo, dove sono rappresentate le figure degli angeli, di Maria e di Gesù, si può constatare la loro eleganza e fastosità; mentre nel secondo, dove viene rappresentato san Francesco, si evidenzia la semplicità e la sobrietà. Inoltre è tornato a splendere il prato verde su cui poggia l’opera. Oggi possiamo vedere il dipinto in tutto il suo splendore: un restauro meticoloso, studiato nei minimi dettagli.

Il restauro della Maestà di Cimabue

Il restauro della Maestà di Cimabue è stato realizzato da un’équipe della Tecnireco, diretta dal capo restauratore della basilica di San Francesco, Sergio Fusetti. Il progetto conservativo, iniziato a gennaio 2023, ha richiesto un anno. Come spiega Fusetti, si trattava di rimuovere tutti gli strati dei vari restauri avvenuti nei secoli, con molta attenzione, per arrivare allo strato originale. Importante è stato rimuovere i protettivi che si usavano negli anni ’70. Si è usata dalla lente d’ingrandimento a sofisticate apparecchiature.

La tecnica usata da Cimabue non ha favorito
la conservazione dell’affresco

Cimabue utilizzava una tecnica che con il tempo non ha favorito la conservazione di molte sue opere, intonacando tutta la parte da dipingere e passando il colore quando ormai l’intonaco era asciutto, senza assorbimento del colore. Quest’opera la eseguì in un giorno, intonacando tutta la parete e successivamente passò il colore. Inoltre, come consueto all’epoca, usava la biacca, cioè carbonato basico di piombo: i pigmenti composti di piombo si trasformavano in biossido di piombo, e a contatto con l’acido solfidrico, da bianco, finiva per tendere al bruno. Anche se la biacca garantiva una certa tenuta, nel corso degli anni, oscurandosi, provocò spesso la trasformazione del pigmento e quindi lo sconvolgimento dell’opera stessa.

Le indagini diagnostiche

Nella Maestà è stata questa la difficoltà: riportare alla luce il vero pigmento iniziale. Allo scopo sono state svolte ricerche e indagini diagnostiche, e con il microscopio si sono guardate le incisioni del “disegno” iniziale. Fusetti aggiunge che si è riusciti a restituire la forma originale alle orecchie di san Francesco, che erano state ritoccate più volte in passato, così come il suo volto e gran parte di tutta l’opera. Queste tecniche e strumentazioni, non invasive, per analizzare lo stato di conservazione dell’opera e i materiali utilizzati nei restauri precedenti, hanno così consentito di ridare non solo alla comunità ma a tutta la storia dell’arte un’opera molto vicina all’originale, rientrando nel più ampio progetto di interventi di manutenzione e conservazione del patrimonio presente all’interno della basilica di San Francesco.

La gratitudine del custode fra Marco Moroni
per il lavoro compiuto

Il custode fra Marco Moroni è estremamente grato per questo intervento e per la sinergia che ha permesso di portare a nuovo splendore un’immagine che non è solo un’opera d’arte, ma è anzitutto – per i francescani e per tutti i devoti del Santo – un richiamo dall’alto valore simbolico alla figura e ai valori di san Francesco. Il suo ritratto, contenuto in questo capolavoro di Cimabue, ci riporta direttamente alla sua figura storica, che manifesta ancora oggi una straordinaria attualità e continua a essere fonte di “provocazioni” profonde per ciascuno di noi e per il mondo.

Emanuela Marotta

 

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