Come massimo responsabile dello Stato sociale

ABAT JOUR

“All’ultimo anello della catena la Costituzione assegna il primo posto nelle preoccupazioni del Presidente”: così terminava la mia ultima abat jour. L’hanno presa per una “simpatica battuta!”. A volte affermazioni di grande portata culturale finiscono nello sgabuzzino delle “battute simpatiche”. Ho querelato il Presidente della Repubblica in quanto inadempiente di fronte alla più grande conquista della nostra civiltà, lo STATO SOCIALE. E mi hanno preso per un simpaticone. È capitato anche alla Scuola di Barbiana. La famosa iniziativa pedagogica di don Milani aveva una sua quotidiana fisionomia specifica, legata alla sua personale esperienza e più ancora al suo carisma personalissimo: il giornale usato come libro di testo, la tecnica umile e feconda della costruzione di un tema che fosse espressione di una coscienza effettivamente comune, dei ragazzi e sua; la tecnica dei foglietti compilati da ognuno che poi confluivano, e poi di nuovo venivano separati, e poi, selezionati uno per uno, finivano di nuovo messi insieme… fu così che Lettera ad un professoressa, con la sua straripante ricchezza, divenne realmente un tema svolto insieme da tutta quella intensissima comunità scolastica. Ma non è qui l’originalità vera della pedagogia di don Milani. Il Priore di Barbiana prima di ogni altra cosa ha ridefinito la scuola, dando una riposta nuova ad una domanda antica. “A che serve la scuola?”. La nostra legislazione scolastica ottocentesca rispondeva: “A formare, ai vari livelli, i quadri dirigenti di questa nazione”. Don Milani ha risposto: “La scuola serve a formare persone libere”. Il possesso della parola è la prima condizione della libertà. Nel 1975 – credo – alla maturità, tutte le classi dovettero svolgere il pensiero di don Milani: “Che sia povero o ricco, conta meno: basta che parli”. Anche l’art. 3 della nostra Costituzione ha ridefinito lo Stato, letteralmente rovesciando la piramide dei valori sui quali esso si fonda, centrando tutto il discorso non sul diritto della persona, ma sul diritto della persona debole. Se non si capisce questo, la battaglia che sto portando avanti appare non radicale ma ridicola: un don Chisciotte in quarantottesimo che attacca gli immensi mulini a vento che fanno girare tutta l’immensa organizzazione della nostra vita associata.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci