Dopo sessanta anni

ABAT JOUR

Da quando le mie garognole somigliano a delle cipolle lessate, se posso la sera dopo cena non esco quasi mai. E mi faccio delle scorpacciate di tv indecorose, dato il desolante profilo della quasi totalità delle trasmissioni. Qualche talk-show (senza Vittorio Sgarbi), quasi tutte le trasmissioni di Minoli… insomma, se non c’è una partita di calcio, c’è da battere la testa contro il muro. Fanno eccezione le trasmissioni religiose della Rai, il cui tasso d’intelligenza è decisamente in crescita. Ho seguito quella del 13 maggio, con il Papa a Fatima, e quella dedicata ieri sera (scrivo mercoledì 19) a Giovanni Paolo II, che proprio il 18 maggio avrebbe compiuto 90 anni. Quando parlo di qualità in crescita intendo calo della piaggeria e del miracolismo. La qualità della trasmissione di ieri sera era già nel titolo, Ti ricordiamo così, Karol. Colloquiali, feriali, le immagini puntavano ad illustrare l’umanità colloquiale e feriale del grande Papa, la fatica del vivere, del sentirsi prigioniero in Vaticano, di una preghiera ininterrotta. Il suo fisiatra ha detto che Wojtyla aveva alle ginocchia due enormi corpi callosi: “Di così grandi ne ho visto solo due, sulle ginocchia di due suore di clausura”. Ma per me il vero pregio della trasmissione è stato dove ha accennato alle carenze del grande pontificato. Perché a che cosa si ridurrebbe un’agiografia seria senza la menzione del difetti del santo? Si ridurrebbe a panegirico. Ma il panegirico non ha nulla a che vedere con l’agiografia cristiana, il panegirico è il concentrato della piaggeria con la quale i potenti del mondo pretendono che ci si rapporti con la loro morte, dopo che in vita ne hanno fatte di tutti i colori. Quanto al bel racconto del pellegrinaggio di Benedetto XVI, due i particolari che mi hanno colpito. Il primo è stata la testimonianza del chirurgo che ha operato Giovanni Paolo II ferito da Ali Agca. “Il percorso della pallottola – ha detto il Prof. – dal foro d’entrata a quello d’uscita è stato assolutamente lineare”. La pallottola ha sfiorato due vasi sanguigni, la rottura di uno solo dei quali avrebbe comportato la morte istantanea. Ma non c’è stata nessuna deviazione miracolosa. Il secondo è stata l’interpretazione che ha dato Andrea Riccardi delle “fiamme dell’inferno” sulle quali i tre Pastorelli videro galleggiare un gran numero di anime. Riccardi ha detto che quelle immagini erano la metafora dello sconquasso che stava procurando la Prima guerra mondiale: l’inferno sulla terra, con aeroplani, sommergibili, mezzi corazzati, tutti impiegati a tempo pieno per ammazzare 10 milioni di ragazzi. Per me è stata una liberazione. Dopo 60 anni. Il terrore di quelle immagini io me lo portavo dentro da quando, adolescenti, a titolo di “edificazione spirituale” (?!) ci fecero leggere Confessatevi bene e Comunicatevi bene: due libri osceni. Non c’era traccia dell’angosciata tenerezza del Padre che aspetta noi figli prodighi scrutando l’orizzonte della vita.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci