Esageratamente anticipata

abatjour

Lunedì 23 maggio, dopo cena. Nella recita del rosario di stasera le Ave Maria del Roberto (ricordate: “Ave Maria, piena di grazia, Giuseppe nedetti le nostre e nedetto Gesù”), sono state puntigliosamente rispettose della lingua di Dante. Improvviso, un dolore anginoso, una sudarella fredda. E Antonietta, la nostra dr. Botta, che, al di là delle sue competenze di direttore medico, ci ha preso gusto a prendermi per i capelli quando suona il campanello (quel campanello), ordina, secca: “Via, al pronto soccorso!”. Sono stato in ospedale fino a sabato 28. Un’esperienza molto positiva, amicale non meno che terapeutica. Il dr. Capponi, il mio antico “Euro el muchacho”, il saggio driver reparto di oggi che ieri, un milione di anni fa, io, da docente di italiano, accolsi e valorizzai quando arrivò al classico Mazzatinti direttamente dal Venezuela; della lingua italiana lui sapeva che… esisteva, ma nella sua fresca apertura al sapere le idee giuste già bollivano tutte. E il dr. Cardile, una faccia da primo della classe, un fisico da centometrista, la puntuale precisione nel fare la radiocronaca del percorso nel mio corpaccione della sonda che m’aveva inserito nel polso destro. E le infermiere! Giovani, belline, linde, premurose. M’hanno cambiato l’intimo senza mettermi in imbarazzo: Cardile e la sua band m’hanno messo in cuore, oltre ad un senso di profonda gratitudine, un paio di mascioli: uno sull’unica coronaria ancora parzialmente aperta, l’altro all’imbocco dell’aorta, credo. “Masciolo”: il termine l’ha recuperato, a beneficio della mia traballante cultura nazional-popolare, Giampiero Bedini, decano dei giornalisti eugubini. “Masciòlo”. Come, non vi ricordate cos’è un “masciolo”?… Quando non avevate ancora né l’auto né il motorino, le ruote della vostra bici avevano ancora la camera d’aria dentro al tubolare… Se, bucando, sbregavate la camera d’aria, la toppa singola non bastava, e ci voleva un manicotto che per un certo tratto abbracciasse l’intera camera d’aria in tutta la sua circonferenza. Il masciolo, appunto. Me ne hanno messi un paio, di mascioli, mercoledì mattina. Poi, giovedì mattina, alle 9.30, la porta della camera 2 del reparto Cardiologia s’è aperta di botto e hanno fatto irruzione due miei ex alunni, il legame con i quali nel tempo s’è rafforzato. Lucio e Luigi. Trafelati. Ma, appena, ai piedi del mio letto, è partito un sonoro “ma vaff…”.Conciossiacosaché l’espressione troppo vulgare non otterà mai né la tolerantia, né tampoco l’approvatione di mons. Della Casa, i due erano angosciati dalla notizia che a Gubbio tutti ripetevano: don Angelo è morto. “Notizia esageratamente anticipata”, sentenzierà tra poco Raniero, citando – credo – Gillo Dorfles. Mi sono guardato allo specchio e ho sorriso: allunga la vita, dicono.

AUTORE: Angelo M. Fanucci