Formiche marginali

Sembrava un trauma per il ‘Gran Concerto’ quotidiano dei media: lì per lì, un fatto enorme. Poi in un paio di giorni giornali e Tv l’hanno riassorbito senza danni. Parlo della tragedia di Palermo, dove un padre disperato ha ucciso il proprio figlio autistico. Personalmente mi ha colpito a fondo ‘Quella disperante solitudine’, l’articolo di apertura firmato da A. M. Mira su Avvenire del 29 giugno. Mira ha un figlio disabile, Edoardo, affettuosamente chiamato Dodò. Ne parlò su Avvenire, già sette anni or sono: ‘Malgrado tante belle parole, ti accorgi che sei solo col tuo problema: È duro dirlo, ma quante assenze tra amici e parenti! Magari si fa volontariato in qualche istituto, ma per Dodò restano solo mamma e papà. Non importa, ma anche questo va messo in conto’; e concludeva: ‘Forse è giusto così. O forse no’. Oggi? Oggi ‘nulla è cambiato. Certo la condizione della mia famiglia non è drammatica come quella del papà siciliano, ma il senso di solitudine è identico’. A Roma, quello stesso giorno, venerdì 29 giugno, a don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco, sul palco allestito in piazza Bocca della verità, nel contesto della Notte bianca della solidarietà è stato consegnato il Premio Formica d’oro come riconoscimento ‘per i lunghi decenni di instancabile dedizione alla causa dei disabili, con loro prima ancora che per loro’. Io, che pure ho avuto diversi conflitti, anche duri, con don Franco, gli ho scritto: ‘Ti abbraccio e applaudo. In un mondo di giovani precocemente invecchiati splende come un diamante la tua giovanilissima vecchiaia. In un mondo ecclesiale troppo spesso innervato e snervato da una fede liofilizzata e ingerita a mo’ di calmante per la coscienza, ci hai insegnato a riconoscere il Signore Gesù nei Crocifissi della Storia. In un mondo della politica di basso livello, che vede protagonisti piccoli profittatori e gente dal respiro corto, hai messo a nostra disposizione quella tua interpretazione del Bene Comune, inteso come un bene che nasce dal vivere per i poveri, soprattutto con loro, ma con il respiro della cose grandi e definitive’. La tragedia di Palermo e la sofferenza di A. M. Mira ripropongono il primato politico del vivere con sul vivere per. E la necessità politica di ‘ripartire dagli ultimi’, secondo quanto ci chiesero i nostri Vescovi in un documento di 30 anni or sono (‘La Chiesa italiana e la situazione del paese’). ‘Ripartire dagli ultimi’. Solo uno slogan? Alluvionabile anch’esso? Archiviato quando ancora odorava d’inchiostro? Perché ‘ripartire da’ non equivale affatto a ‘interessarsi di’. Ma oggi sembrerebbe che anche il semplice ‘interessarsi di’ sia solo un hobby, e nemmeno tanto ‘in’. Uno tra i tanti hobbies praticabili da cristiani e preti. Marginali anch’essi, nel loro interessarsi di emarginati.

AUTORE: Angelo M. Fanucci