Il bernoccolo

Micromega apre il suo n. 2 del 2006 con un articolo di Gustavo Zagrebelsky dal titolo: ‘La Chiesa cattolica è compatibile con la democrazia?’. Un articolo bello e faticoso, a riprova dell’oggettiva difficoltà del tema e dell’eccentricità (nel senso di ‘cattiva centratura’) dell’angolazione dal quale si è scelto di illustrarlo. Chiesa e democrazia sono realtà che si collocano su piani talmente diversi che non è possibile inserirle in un’unica centrifuga, ruotante intorno ad un unico perno. La centrifuga di Zagrebelsky approda a questa conclusione: non risulta che la verità cristiana sia un insieme di astratte dottrine, come qualsiasi dottrina umana’ La verità cristiana è una Persona, il Cristo’ e il mondo non è rischiarato da nessuna dottrina, ma dalla carità’ Ma la logica della carità non si esprime in parole astratte: la Vita, la Famiglia, la Procreazione, eccetera’ Si esprime nella considerazione, comprensione, condivisione e compassione, con riguardo agli altri esseri umani nelle loro condizioni di vita. E nell’ordine della carità la Verità non ha posto, o, se ha posto, per usare un linguaggio impreciso e allusivo, è il prossimo tuo la tua verità.Hasta la vista! Una simile captatio benevolentiae a suo tempo suonò come la voce sublime di una sirena formosa (cm 105-60-95, esclusa la coda) per chi già allora da decenni condivideva il quotidiano di un gruppo di emarginati: intorno alla mensa quotidiana tre sedie a rotelle, quattro disabili mentali, un operatore, un paio di ragazze del servizio civile; e in aria volano (invece che citazioni di Aristotele e di Wittgenstein) aforismi ruspanti, tipo ‘E fémmene so’ a rr’ìmene dell’uòmmene’. Traduzione: Le donne sono la rovina degli uomini. Quella che, come cristiani, ci conquistò alla condivisione di vita con gli emarginati fu la grande promessa che Papa Giovanni formulò a pochi giorni dall’inizio del Concilio: ‘Da oggi in avanti la Chiesa sarà la Chiesa di tutti e soprattutto la Chiesa dei poveri’. Poi il convegno diocesano di Roma, nel 1974, su ‘La Chiesa e i mali di Roma’, sotto la regia del card. Poletti. Poi il I Convegno ecclesiale del 1976, a tema ‘Evangelizzazione e testimonianza della carità’ sotto la regia di padre Sorge e di mons. Nervo. Poi l’invito che ci rivolse la Cei nel 1981, nel documento La Chiesa e le esigenze del paese: ‘Bisogna ricominciare dagli ultimi’. Ricominciare, compris? O nostalgia, pallida vestale del rimpianto amaro! In quel clima ci trovammo effettivamente molto vicini alle tesi di Zagrebelsky. Sarebbe stata la fine. Ma l’ignoto (per me) autore di una delle più belle canzoni di chiesa, aggiunse a ‘Quando le parole non bastano all’amore’ l’altra strofa: ‘Quando il mio fratello domanda più del pane’. Una testata contro il muro. Il bernoccolo doloroso ci aiutò a prendere le distanze dalle tesi di Zagrebelsky.

AUTORE: Angelo M. Fanucci