Il filtro

Sono passati già 25 anni! Nemmeno sospettavo che fosse passato tanto tempo, talmente l’ho sempre sentito vicino, simpaticamente vicino. Parlo di Beppe Viola. Quando ho visto che, domenica 2 dicembre, il Tg 1 gli dedicava uno ‘Speciale’ sono restato in piedi. Ed è stata come una boccata d’ossigeno, nella notte che avanzava. Ho sorriso spesso, senza ridere mai.Beppe Viola era un ‘cronista sportivo col filtro’. Aveva un anno meno di me. Nel 1982 un ictus cerebrale lo fulminò, a 43 anni. Con quattro figlie alle spalle e davanti a sé una serie di progetti che rimasero tutti nel cassetto. Aveva collaborato a diversi film. Aveva lavorato gomito a gomito con Enzo Jannacci alla stesura di quelle canzoni piene di assurdo, cioè di vita, che il medico cabarettista’ ha sfornato a ripetizione per qualche anno, per poi tacere per sempre. Canzoni? ‘Quelli che”. Palloncini gonfi di nulla; oscillano nell’aria, rimbalzano, lievi, tra cronaca e metafisica. Beppe Viola, un maestro di ironia. Col filtro. L’ironia è tale quando riesce a tenersi equidistante tra il pettegolezzo che tritura la vita e il sarcasmo che la brucia. E con il fioretto sottile e pungente dell’ironia ha affrontato il mostro dei mostri, il calcio. Era milanista, Beppe, ma nessuno se ne accorse. L’incredibile svarione del ‘suo’ Rivera, che una volta ciccò clamorosamente un pallone facile facile, increspò appena il suo commento: ‘Ha ciccato il pallone. Anche lui. Meno male’. A metà degli anni ’70 visse anche lui la’ tragedia del suo Milan, che aveva ingaggiato come centravanti quel Calloni che Gianni Brera, un interista impenitente che da giovane aveva letto I Promessi Sposi, ad implicita difesa della Monaca di Monza, ribattezzò ‘Lo sciagurato Egidio’. Ricordo che di fronte ad un suo ennesimo pallone sbilenco che, ad onta del n. 9 che portava sulla schiena, Calloni riuscì a scagliare in tribuna invece che in porta, Beppe commentò: ‘Nessuno è perfetto’. E doveva avere la morte nel cuore. Quanto ne avremmo bisogno, oggi, di giornalisti sportivi ‘col filtro’, come Beppe Viola! Capaci di dissacrare il calcio, non perché abbiano perso il senso del sacro, ma proprio perché lo conservano e vorrebbero collocarlo solo là dove merita incontrarlo. I giornalisti sportivi di oggi parlando di calcio conoscono tutti i registri della retorica, dall’epicedio (come in occasione della recente morte del povero Sandri) all’epica, il genere letterario più frequentato, passando per l’elegiaco (la Moglie di Prandelli) e il romanzesco; genere letterario, quest’ultimo, entrato in crisi irreversibile con la scomparsa di Carosio, cioè con l’avvento della TV che ha sgonfiato il pathos della radiocronaca.. ‘brE invece’ senza calcio, quanti uomini di oggi vedrebbero svuotarsi la propria vita? È triste, ma è così. Calcio e identità. La Roma è una fede. La Juve è la mia famiglia. Per la Lazio darei anche il sangue. Letteralmente, sentita con i miei orecchi quest’ultima. Beppe Viola commenterebbe: ‘Ma l’Avis’ l’hai presa in considerazione?’.