La vertebra mancante

L’esaltazione dell’altra faccia di san Luigi Gonzaga, quella che è rimasta tanto tempo in ombra, cioè il suo altissimo profilo di martire della carità, non può certo farci dimenticare l’unica faccia con la quale ci è stato presentato per secoli: la faccia del santo della Purezza. Avevo 10 anni e 10 mesi quando, il 21 giugno 1949, nella cappella del seminario minore di via Cairoli, venni issato per le ascelle su di un pulpito raffazzonato e davanti al Vescovo, ai Superiori e Docenti dell’Almo Efebeo, ai benefattori (vuoi insigni, vuoi fatti in casa), sciorinai la mia prima predica. Scritta non so da chi. Tutta a memoria. Tutta centrata sulla purezza di san Luigi. Perché oggi, dall’altare, si parla tanto poco di purezza? Nella cappella di quel nostro seminario, sulla trina delle due bande del conopeo’ il ‘conopeo’, ricordate?, era la copertina esterna del tabernacolo, realizzata in genere con tessuto prezioso e pesante. Il nostro era un conopeo leggero, a ricamo; su una delle due bande il ricamo diceva ‘Puri’; sull’altra, ‘Forti’. Perché oggi, dall’altare, si parla tanto poco di purezza? Io credo che il Concilio abbia posto le basi per ripensare a fondo la funzione della sessualità nella vita dell’uomo, e dunque nel piano di Dio. Lo ha fatto sul piano generalissimo della concezione della vita, quando ci ha chiesto di affiancare, come fonte di risposte morali improntate al Vangelo, al tradizionale primato della natura un altrettanto importante primato della persona. Di conseguenza la tensione dialettica legge/coscienza chiede di essere radicalmente rivisitata. Lo ha fatto, sul piano specifico della concezione della sessualità, quando ci ha detto di non distinguere più tra fine primario (la procreazione) e fine secondario (il mutuo aiuto), ma di parlare di quei due ‘fini’ come delle due facce d’un unico amore sponsale. Questa seconda prospettiva aperta dal Concilio ha sulla vita cristiana l’impatto di un terremoto. Come governarlo, questo impatto, ce lo hanno insegnato Paolo VI con l’enciclica Humanae vitae del 1968, che ha un raggio di riflessione enormemente più vasto di quello che normalmente le si attribuisce, e Giovanni Paolo II con l’esortazione apostolica Familiaris consortio e soprattutto con l’enciclica Evangelium vitae del 1995.Sono preziose indicazioni per la ricerca teologica. Che ha camminato abbastanza, come risulta anche ad un prete forastico come il sottoscritto: penso alla voce ‘Etica sessuale’ sul II volume dei Concetti fondamentali della teologia di Peter Eicher (Queriniana, 2008). Ma l’impressione che siamo appena agli inizi rimane. Nel frattempo di purezza non si parla più. Peccato. Perché questa è una vertebra fondamentale nella spina dorsale di chiunque voglia crescere alla luce del Vangelo.

AUTORE: Angelo M. Fanucci