“Perché non scrivi qualcosa su Eluana?”. Perché non mi piace la zuffa che s’è scatenata intorno alla sua vicenda. Non mi piace, e m’intimorisce; ma se è il mio Vescovo che me lo chiede… La vita debole delle persone umane ci pone, sempre e contestualmente, due problemi diversi ma correlati tra di loro: primo, il problema della vita; secondo il problema della qualità della vita.
Per noi cristiani la vita è sempre vita, perché è essa per sua natura non tollera un più o un meno, se è vero che Cristo tornerebbe a morire anche solo per uno di noi. Se parliamo di animali, possiamo e dobbiamo dire che la vita del ghepardo è più vita di quella del bradipo. Ma quando parliamo di uomini, no. Quella che vive Einstein non è più vita di quella del bambino autistico, quella silenziosa che vive Eluana da 16 non è meno vita di quella fragorosa e procace di Simona Ventura che ride e chiacchiera ininterrottamente da 160 anni.
25 marzo 1995, esce la Evangelium vitae di Giovanni Paolo II, la prima enciclica papale interamente pensata per difendere e promuovere la vita. “Il Vangelo della vita”. Non il Vangelo della vita interiore, né il Vangelo della vita della grazia, né il Vangelo della vita eterna; no. Il Vangelo della vita, tout court.
C’era un immenso bisogno che la massima autorità morale del mondo proclamasse quel Vangelo di fronte a tutti, nel contesto di una cultura dell’efficienza e del consumo al cui interno la morte si ripropone ad ogni pie’ sospinto, con le sue infinite variabili mascherate a volta da ideali, a volte da bisogni.
La vita prima della qualità della vita. Sulla base della incomparabile dignità della vita umana tutta la vita va protetta, tutte le vite vanno protette, anche la vita di Eluana; protetta anche dall’accanimento terapeutico, ma le cure che le vengono prestate da 16 anni non hanno le caratteristiche dell’accanimento terapeutico. Lo zoccolo duro di questo ragionamento, che mette la vita prima della sua qualità, la Chiesa l’ha appreso da quello Spirito la cui assistenza chiara e discreta il Signore Gesù le ha garantito.
E con questa sua dotazione ideale la Chiesa intende contribuire, senza diritti di primogenitura, all’identificazione di quel bene comune che lo Stato moderno, una volte abdicato dalle antiche presunzioni da “Stato etico”, affida alla dialettica tra i gruppi sociali che lo compongono. Ma come potrà risultare credibile la Chiesa, come potrà sperare di coinvolgere altri in questa sua proposta? Solo impegnandosi con pari rigore e pari intensità a far crescere la qualità della vita, di tutta la vita, di tutte le vite.
A questo punto si chiude un sentiero e s’apre un’autostrada. Alla vita debole va assicurata tutta la massima qualità possibile. Da parte di chi? Noi cristiani possiamo fermarci al casello?