L’importanza della grammatica (1)

Ad onta della piacevolezza di quella rima sdrucciola, credo che non avesse proprio tutte le celluline a posto, l’anonimo che nella notte dei tempi inventò l’aforisma che poi ha avuto il più immeritato dei successi: ‘Val più la pratica della grammatica’. Perché la grammatica a volte non solo è importante, ma determinante. Più della pratica. Molto più.Appena iscritto alla facoltà di Lettere di Perugia, ho cominciato il mio insegnamento letterario: 46 anni or sono nella scuola media interna del Venerabile Seminario Vescovile di Gubbio, a piazza Bosone. E ho insegnato tantissima analisi logica. L’analisi logica prima di tutto: ne eravamo convinti, noi professori di allora, per mille motivi diversi, ivi incluso il tentativo di allontanare la terza guerra mondiale: ‘Se gli uomini imparassero a ragionare!’, ci dicevamo. Poi un anonimo delinquente ha abolito la pratica di quella formidabile ginnastica mentale che era – appunto – l’analisi logica, a vantaggio della cosiddetta ‘ricerca’. ‘Ragazzi, vogliamo iniziare la nostra ricerca sul palazzo dei Consoli?’. Question time: ‘I merli del palazzo dei Consoli sono rettangolari o a coda di rondine?’. Tanto basta per organizzare una ‘passeggiata di ricerca’. E i ragazzi si sparpagliano per le vie di Gubbio, fanno un ‘lieto romor’ (è l’unico loro contatto con la poesia di Leopardi), si ingozzano di patatine fritte. Il gusto dell’analisi logica. Io ricordo il gusto con il quale portavo i miei 12 alunni (12 di numero!) a scoprire i molti significati della particella ‘si’. Gli Scolastici chiamavano il ‘non’ particula malignantis naturae (particella di natura maligna), perché, premessa ad un verbo, un sostantivo, un avverbio, un aggettivo, ne sradica il primitivo significato. Beh, molto più sottilmente maligna è la particella ‘si’. Accentata, ‘sì’, è un’affermazione. Bene. Ma senza accento? Beh, senza accento ha valore impersonale, quando potrebbe legittimamente essere sostituita ldal sostantivo ‘la gente’: a Perugia si vive bene = a Perugia la gente vive bene. È passivante quando, con il suo semplice mettersi davanti ad un verbo attivo, lo rende passivo: ‘a carnevale mangiano le frappe’ è ‘a carnevale si mangiano le frappe’. Ha valore riflessivo quando l’azione fatta dal soggetto ricade su di lui: riflessivo proprio se ci ricade a titolo di complemento oggetto (Gerri Scotti si pettina poco = pettina poco se stesso), riflessivo improprio se ci ricade a titolo di complemento di termine (Gerri Scotti si attribuisce carisma a quintali = a se stesso). A tanti anni di distanza, mi ricordo e ripropongo. Perché? Ve lo dico dopo la pubblicità. Pardon!: ve lo dico la settimana prossima.

AUTORE: Angelo Fanucci