L’onore delle armi

Glielo ha riconosciuto anche Berlusconi, l’onore delle armi. C’è arrivato anche Calderoli. Il Governo Prodi è caduto, e gli avversari gli hanno reso l’onore delle armi. Mi associo. Da sempre ho nutrito per il Professore una forte simpatia; forse anche perché si veste come me e come te. Quanto basta per non essere confuso con un orso bruno. Forse perché la testa se la fa sistemare da un barbiere e non da un cantiere di estetisti diplomati a Parigi. Sicuramente perché ho leggicchiato qualche libro delle edizioni Il Mulino, e ho seguito qualche iniziativa di Nemetria. Ma negli ultimi mesi questa simpatia si è trasformata in ammirazione, addirittura in affetto. Perché Romano Prodi ha avuto il coraggio dell’impopolarità. La maggioranza che lo sosteneva era troppo eterogenea, ma lui tirava avanti la sua battaglia, perché da che mondo è mondo le battaglie le fai con i soldati che hai. Tutte le riforme erano diventate non rimandabili, ma lui insisteva: prima consolidarne la base finanziaria. Ha esagerato? Forse. Doveva avere un maggiore occhio di riguardo per certe categorie? Forse. Ma in testa lui aveva un pallino solo: interrompere la dissennata politica che, con le casse dello Stato vuote, adotta riforme che si risolveranno presto in pura demagogia. La paura dell’impopolarità è quella che paralizza i politici. Che cosa impedisce agli enti locali di porre rimedio a certi fatti abnormi? La paralizzante paura dell’impopolarità. Penso allo strepitoso numero di buoni-malattia che prolifera nel pubblico impiego rispetto al settore privato (4 a 1!). Penso alle guardie forestali della Calabria, che in 18.000 fanno meno delle 800 (o giù di lì) della Lombardia. Penso ai 2.400 operatori ecologici di Napoli, assunti e nullafacenti. ‘Ma – si dice – nel Sud quei fenomeni rappresentano una specie di welfare statale anomalo. Perbacco! E quanto deve durare questa anomalia? Fino al giudizio universale? Le quattro guardie forestali che in Calabria curano la stessa conifera, che non cresce mai, non potrebbero essere impiegati, che so io?, in una fabbrichetta cooperativa di quelle che mons. Bregantini aveva messo in piedi a Locri? E siamo sicuri che alla Regione Umbria il personale sia lo stretto necessario? E che il numero degli apicali sia ragionevolmente proporzionato al numero degli impiegati-impiegati? Molte cose dovrei dire sulla politica locale, ma ho paura. Paura che si vendichino sulla mia Comunità. Una paura da vecchio? No. È una vecchia paura che mi porto dietro da quando ero giovane, ma che solo oggi ha assunto un’urgenza inimmaginabile in un contesto di sinistra perenne.

AUTORE: Angelo M. Fanucci