Maneggiare con cura

‘Maneggiare con cura’: c’era scritto sugli involucri delle mine antiuomo inviate in tutto il mondo dalla Valsella; c’è scritto anche sugli scatoloni che recapitano al nostro domicilio quei delicati elettromedicali che, in numero crescente, possiamo tutti facilmente utilizzare, se l’esige la salute. ‘Maneggiare con cura’. La raccomandazione era la stessa, anche se solo orale, quando, appena qualche decennio fa, in certi paesoni del nostro Sud, che non disponevano di una rete fognante, gli escrementi umani venivano lasciati di notte in contenitori piuttosto sommari; all’alba del giorno dopo passava a ritirarli l’addetto, e nel baluginare antelucano, in camicia e berretto da notte, dalle imposte socchiuse, il padrone di casa, in un suo dialetto incomprensibile ai non-paesani, sibilava all’addetto qualcosa che, tradotto in italiano, avrebbe equivalso a ‘Maneggiare con cura!’. Ma ahimè! Ahinoi! – nessun raccomandazione del genere è stata avanzata in occasione di quello scarico escrementizio senza rete fognante che qualche buontempone ha chiamato ‘Vallettopoli’, e noi tutti dietro, ebeti e sorridenti. I media si sono scatenati. Ha fatto eccezione Avvenire: nei giorni in cui il contenitore degli escrementi emanava più intensamente il suo fetore, voglio dire tra il 20 e il 26 marzo u.s., Avvenire ha dato la notizia nelle pagine interne, e solo dall’angolazione di persone che rischiavano di venirne travolte. Mai un rimando sulla prima pagina. Nessuno dei 21 editoriali pubblicati in quei sette giorni è stato dedicato a bucinare il contenitore. A questo punto il curatore di questa specie di chiovardo, che lui stesso ha presuntuosamente chiamato ‘Abat jour’, si riscopre docente di lingua italiana, e in questa veste auspica che le cose vengano chiamate con loro nome. ‘Vallettopoli’? No! La lunga teoria delle vallette discinte è troppo quotidiana per dare l’idea dell’eccezionalità dell’evento. Giorni fa Mitraglietta Mentana ha dedicato una puntata del suo Matrix ‘all’incidente’ che l’anno scorso ha portato Lapo Elkan sull’orlo della tomba. Prima ha parlato Marpione Moggi, poi Carlo Soporifero Rossella. Buon ultimo, ha preso la parola don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità nazionale di Capodarco: tre o quattro cannonate, e il pubblico applaudiva. Una su tutte: ‘Mettiamo a posto il vocabolario. Incidente, quello di Lapo? No, in italiano si chiama orgia’. Compito a casa, per te, amico lettore: la prossima settimana ti eserciterai a dare a ‘Vallettopoli’ il nome che merita? Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Escrementi? Volendo, puoi anche ricorrere a nomi più forti, e di uso più immediato, e diffuso, e con più immediato riferimento a sensazioni olfattive. Lo faceva anche il Padre Dante, quando era necessario.

AUTORE: Angelo M. Fanucci