Non c’è due senza tre

ABAT JOUR

Amico lettore, ti ho tediato col racconto delle mie due antiche bocciature agli esami della patente? Ebbene, règgiti forte: ce ne fu una terza. Dopo la seconda bocciatura, oggetto la conoscenza del motore, quando mi presentai per la terza volta sapevo tutto, ma proprio tutto, sia dei segnali stradali che del motore. Mi presentai lindo e pinto, pronto al successo folgorante anche nella prova di guida. E va’!! Stasera al Movimento studenti lo spumante scorrerà a fiumi. Effettivamente risposi a tutte le domande, proprio tutte, anche quelle sul motore. Mi chiese cosa fosse il differenziale, e io gli sfoderai una risposta perfetta e recisa, corredata di grafici e sostenuta da un paio di logaritmi. “Bene! Andiamo a fare questa benedetta prova di guida!”. L’Ingegnere lo disse sorridendo: l’avevano identificato come nemico, in realtà le due figuracce che l’avevano visto involontario co-protagonista mi pare dispiacessero anche a lui. Io, molleggiato: “Peeer-fetto, Eccellenza! Peeer-fetto!!”. La mia Fiat 500 blu (PG 58 688) era lì fuori che attendeva, in coda ad una macchina di grossa cilindrata. Lucida, quasi consapevole anche lei dell’imminente trionfo. Accennando appena ad un inchino di cortesia, aprii la portiera di destra, controvento, e l’Ingegnere si accomodò, la borsa sulle ginocchia, il cappello sopra la borsa. Quasi danzando io occupai il posto del guidatore, tossicchiai, accesi il motore, ingranai la marcia indietro e… Un botto, signori miei, un botto che non vi dico! Mentre io salivo in macchina, un camioncino si era messo lemme lemme in coda alla mia Fiat 500 blu (PG 58 688). Che botto!! Senza dire una parola, l’Ingegnere riaprì la portiera di desta della mia Fiat 500 blu (PG 58 688), si mise il cappello, si infilò la borsa sotto l’ascella. Io, da seduto, all’Ingegnere che, in piedi, mi voltava la schiena: “Mah!… Marestà, sa…”. Si limitò a fulminarmi con lo sguardo: “Ci ho famiglia!”. A sera i “miei” studenti improvvisarono un baccanale, ci furono manifestazioni orgiastiche. A casa mamma piangeva in silenzio, babbo apostrofava ancora più forte quei soldi che a suo tempo non s’era mangiato. E la sala da pranzo sembrava la scena dell’ultimo atto del Rigoletto: “Ah! La maledizio-o-ne!”.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci