Piccole ambasce

abatjour

I giorni che vanno dal 25 aprile al 1° maggio sono per me giorni di ambasce. Piccole, ma vere ambasce. Insoddisfazione che non riesci a scrollarti di dosso, ma nemmeno riesce a chiarirsi. Un fastidio. Niente di drammatico, per carità. Un fastidio, come quando non hai digerito e non hai a disposizione una pasticca di Maalox. Cerco di spiegarmi. Il 25 aprile mentre alla casa di riposo celebro come ogni giorno la messa, dalla finestra su in alto entrano le note di Fratelli d’Italia. Da dove vengono? Io entro in ebollizione; la grandezza dell’evento che oggi l’Italia celebra non ci azzecca proprio nulla con il rito che sto celebrando? Già ieri sera sono stato colto da una crisi di panico, nell’ascoltare la voce chioccia del ministro della Difesa Larussa (“Gnazio” per gli amici) che ci esortava ad “accomunare in un grande abbraccio unico”, cioè a mettere sullo stesso piano, i partigiani e i caduti al servizio della repubblica di Salò. Sullo sfondo del regno di Dio, cioè della crescita complessiva della verità e del bene, nelle strutture e nelle coscienze, questa equiparazione ha del sacrilego. Sullo sfondo del regno di Dio i partigiani (con mille e una eccezioni) si stagliano come coloro che ci riscattarono da vent’anni di servile obbedienza prima al figlio del fabbro di Predappio, poi al folle caporale austriaco, con la sua sete di sangue, con la sua voglia di sterminare popoli interi in nome di una presunta superiorità di razza; mentre i caduti di Salò (con mille e una eccezioni) furono l’ultimo sanguinario colpo di coda del mostro, di questo mostro. Il Vangelo di oggi parla di un Buon Pastore che non ha solo i tratti teneri, a volte dolciastri del Sacro Cuore, ma anche i muscoli tesi, veloci del giovane David, che insegue e uccide il leone o l’orso che hanno azzannato una sua pecora. “Allora? Che vorresti? Che nella liturgia del 25 aprile venisse introdotto almeno un accenno alla Resistenza?”. “No, no! Per carità!”. “Ma allora che vorresti?”. “Non lo so”. Sabato prossimo, Primo Maggio, ancora fibrillazioni. Dirò a malincuore la messa di san Giuseppe artigiano, ma mi sentirò molto più a mio agio sostando in piazza Quaranta Martiri ad ascoltare il grigio comizio del Pinco Pallino di turno. “Allora? Che vorresti? Che Pinco Pallino cominciasse il suo comizio con il segno della croce?”. “No, no! Per carità!”. “Ma allora che vorresti?”. “Non lo so”. Forse vorrei… vorrei che il regno di Dio e la Chiesa, destinati a fondersi dopo la vita nell’unico Banchetto eterno, fin da adesso si… guardassero un po’ più da vicino, si compenetrassero di più, quando questo è possibile. Che il vescovo e il sindaco e il capitano dei carabinieri si schierassero l’uno vicino all’altro non per motivi ornamentali, ma per motivi sostanziali. Forse. Ma… come? Non lo so. Però, amici lettori, non vi preoccupate per la mia salute psichica. Le mie sono ambasce, certo, ma piccole e riassorbibili.

AUTORE: A cura di Angelo M. Fanucci