Sul luogo del delitto

Sono tornato sul luogo del delitto. C’ero già stato il 26 giugno. Ci sono tornato l’8 luglio, con un’appendice pomeridiana a San Donato di Calenzano, a colloquio coi suoi alunni di allora, nelle aule poverissime, dall’arredamento squallido, di quella sua Scuola popolare che è vivissima ancora oggi nei suoi alunni di allora. L’assassino torna sempre sul luogo del delitto. Il delitto lo commisi un po’ più di 40 anni or sono, tra la fine del 1966 e gli inizi del 1967. Fu un delitto di omissione. I miei ragazzi del Movimento Studenti eugubino ed io eravamo gasati per aver scoperto da poco la Lettera ad una professoressa della Scuola di Barbiana; tramite il pepe verde della Lettera avevamo riscoperto la dinamite di Esperienze pastorali; e subito avevamo deciso di andarlo a trovare, l’autore di quella proposta politico/culturale che ci era presentata con una carica assolutamente nuova, inedita, potente. Il delitto consistette nel non aver messo in pratica quel proposito. Telefonammo al Comune di Vicchio, nel cui territorio si trova Barbiana, e qualcuno ci sconsigliò di andare. Troppe le macchine che la domenica intasavano la quasi-mulattiera che saliva a Barbiana. E poi don Lorenzo aveva dato vita ad una caustica parodia dei ‘grandi del mondo’: scimmiottando il Gran Macellaio d’Europa, Napoleone I, aveva organizzato il ‘blocco continentale’. ‘Sto morendo di cancro, e non posso perdere tempo con gente che legge libri’. Decidemmo di non andare. Se fossimo andati, il ‘blocco continentale’ avrebbe funzionato anche per noi: i laureati possono entrare, ma solo a patto che non aprano bocca; gli studenti universitari possono parlare solo per chiedere spiegazioni, gli studenti medi solo se interpellati. Dalla terza media in giù, libertà di parola, ma con precedenza assoluta ai bambini col moccolo al naso e agli analfabeti. Delittuosamente decidemmo di non andare. Ci sono andato oggi, per due volte a distanza di 10 giorni, in riparazione. Dei miei ragazzi di allora non c’era nessuno. In parte giustificati dalla tante ‘cose da fare’ che ci si mangiano la vita. In parte vittime delle troppe iniezioni di perbenismo e di qualunquismo che ci hanno praticato sull’anima gli infermieri professionali dell’Asl, che una volta era Unità e ora è Azienda, e anche quelli della nostra amatissima Ditta (così don Lorenzo chiamava, a volte, la Chiesa della quale era follemente innamorato). Ho detto messa per i miei quindici di adesso, pensando alle centinaia di allora. Voltando loro le spalle, perché l’altare è quello di allora. Ai piedi di questo Crocifisso, punto di partenza e punto d’arrivo di quella radicalità che ancora oggi egli ci trasmette. Pensando a una delle sue frasi meno note e più vere: ‘Se sto nella Chiesa, è quasi soltanto per i sacramenti’.

AUTORE: Angelo M. Fanucci