Tutte bugie

Abatjour

Tutte bugie. Così l’enciclopedia informatica Wikipedia definisce la storia che in più di una Commissione per le pari opportunità viene accreditata come il riferimento essenziale dell’epica tragicità dell’origine della Giornata internazionale della donna, festa laica che viene celebrata l’8 marzo di ogni anno. Tutte balle: l’epica tragicità della giornata si basa su fantasiose leggende che cominciarono a circolare nel dopoguerra, secondo le quali l’8 marzo avrebbe ricordato la morte di centinaia di operaie bruciate quel giorno nel rogo di una inesistente fabbrica di camicie Cottons, a New York; effettivamente una tragedia del genere si verificò nel 1911, non però l’8 ma il 25 marzo, quando nell’incendio della fabbrica Triangle morirono, prevalentemente schiacciate nel trambusto che fece seguito ad un principio d’incendio, 146 operaie, in gran parte emigrate italiane. La reazione della gente perbene a quella immane tragedia fu quella consueta quando a morire è gente che non contava niente: un piantarello andante con moto e la notizia in prima pagina il primo giorno, scivolamento della notizia e quattro lacrimucce sintetiche andantino con la sordina nei giorni immediatamente successivi, poi la gente che non conta niente viene sepolta come merita: nel silenzio più pesante, quello dell’indifferenza.In realtà questa festa è nata come celebrazione di quella lotta e di quella protesta che nei Paesi del socialismo reale vide protagonista la tedesca Clara Zetkin, nei Paesi di area capitalista l’americana Corinne Brown, anch’essa socialista che, nel febbraio del 1908, sulla rivista The Socialist Woman, diffidava il Congresso dal “dettare alle donne socialiste come e con chi lavorare per la propria liberazione”. Festa dunque che intende ricordare da una parte le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, dall’altra le discriminazioni e le violenze cui esse sono ancora fatte oggetto in molte parti del mondo.Ma la stessa enciclopedia nota che “nel corso degli anni la ricorrenza sta perdendo in molti Paesi l’originario significato, per assumere una connotazione di mero carattere commerciale”. E infatti se provate a scorrere su internet voci come “Otto marzo” o “Festa della donna” vi corre incontro un’imponente teoria di peracottari che, a voi come soggetto intermedio, e come obiettivo definitivo a tutte quelle che in casa sono di sesso femminile, offrono di tutto e di più. Gioielli, “carinerie” assortite, mimose sintetiche… Di tutto e di più.  Certo se, di tra le righe, si potesse recuperare anche la dignità della donna… Difficile. Perché prima bisognerebbe recuperare la dignità della persona, e prima ancora la dignità della vita. Cose lunghe, complicate. Limitiamoci alla mimosa: dalla tarda mattinata dell’8 marzo i fiorai la vendono a prezzi stracciati.

AUTORE: a cura di Angelo M. Fanucci